Perdersi sulla SS407 verso mezzogiorno in pieno luglio con 34 gradi all’ombra avrebbe potuto farci demordere, ma i veri appassionati di vino non mollano e, a costo di imboccare stradine sterrate generose di buche ma parche di indicazioni, tornare indietro e poi ripercorrere anonime vie, chiedere indicazioni a chiunque incontrato sul cammino (quasi nessuno), alla fine arrivano a meta, cioè nella cantina dove avevano prenotato una degustazione, particolarmente accaldati ma soprattutto assetati.
Appena entrati abbiamo capito di essere arrivati nel luogo giusto dove ci ha accolto una frescura naturale che restituisce il respiro. Lo sguardo è subito volato al soffitto a volta, alto in mattoni a vista, che lascia immaginare un senso di tradizione rispettata, conservazione architettonica, spazio alla luce, coccola per l’aria a temperatura costante. Ci fanno immediatamente accomodare nella sala degustazione, scegliamo i vini e inizia il viaggio nel meridione del gusto, accompagnati da una tavolozza di sapori lucani.
Partiamo con un bianco, Fiano IGT Basilicata. L’ovo di Elena prende il nome da un ritrovamento archeologico proprio nelle terre da cui nasce questo vino. Si tratta di una piccola statuetta che rappresenta la nascita di Elena, da un uovo appunto. Pare che questo reperto abbia dato soddisfazioni professionali a parecchi archeologi. Noi ne ammiriamo la fotografia e la sensazione è quella di accordarsi ad un senso di rotondità.
Il vino ha una consistenza importante, ruotando stampa sulle pareti del calice un elenco di archetti che annunciano un assaggio caldo. Il colore è giallo sole e al naso esprime profumi di pesca bianca, fiori bianchi, sassi bianchi e un accenno di salvia. In bocca è abbastanza fresco, decisamente sapido, morbido con un finale ammandorlato. Corre in gola che è un piacere, fa dimenticare subito i km percorsi.
Seconda tappa della degustazione è un rosato, che in altre terre potrebbe essere chiamato rosso. Prodotto come vuole la tradizione, il colore acceso deriva dalle uve Primitivo, che di antociani è davvero ricco senza il bisogno di pressarlo troppo. Si chiama Bacche Rosa e al naso offre frutti di bosco, fragoline selvatiche, che conservano quel senso di umido, di ombra, e poi una grattata di noce moscata e un tocco di sambuco a restituire croccantezza al bouquet. In bocca è davvero sapido, quasi piccante, perfetto per un aperitivo a base di salumi.
Infine arriviamo al vino che ricorda una spremuta di sud, chiamarlo vino rosso è riduttivo. Questo è vino nero. Appena lo annuso esclamo “sa di vino!”, nessuno pensi che sia vinoso, stiamo parlando di un Baruch 2015, Primitivo Matera DOC, ma questo profumo fruttato, pieno, mi riporta ai miei primi ricordi enologici in età ancora proibitiva per gli alcolici. Alla seconda olfazione, quella che vorrebbe essere più seria, arrivano i profumi terziari di vaniglia, ciliegia sotto spirito e cacao, ma l’emozione vince sull’analisi organolettica e la voglia di bere è troppa. In bocca il tannino è levigato, elegante, pastoso. Fa venire voglia di carne succulenta, bistecca o bombette. La pienezza del sorso stuzzica l’appetito ma è ora di ripartire. Ci facciamo dare un biglietto da visita, torneremo a provare il ristorante dell’agriturismo. Per adesso ci accontentiamo di portarci a casa uno scatolone di bottiglie, che certi sapori mica puoi lasciarli lì.
Il titolare della cantina ci ha accompagnati nella degustazione con professionalità e simpatia, giocando con noi a degustare secondo la scheda tecnica Ais, che qui non riporto, e raccontandoci tante cose interessanti della sua azienda. Ah non vi ho detto di chi si tratta.
Siamo a Bernalda e l’azienda è la Masseria Cardillo.
