Il cibo buono è la mia medicina

Quando in una domenica di fine autunno la pioggia tortura la tua idea di blu sulla pianura, non puoi che rifugiarti in una osteria e dimenticarti del giallo là fuori, quello delle foglie stanche cadute a terra e quello che disegna insolite geografie di libertà limitate.

Accomodarsi ad un tavolo di legno scuro, accarezzare la tovaglia di cartapaglia e pensare di ordinare tutto ciò che c’è sul menù è una follia che non ho quasi fatto.

Però posso raccontare di un friggione che si impadronisce della fetta di pane con il suo sapore agro dolce e la sua untuosità trasformando il boccone in un salto nella cucina universale della Nonna, dove la cipolla ha molto da insegnare.

Potrei poi descrivervi la tagliatella verde al ragù, che con la sua cottura di 7 ore ti convince definitivamente che uno degli ingredienti principali della buona cucina è il tempo.

Potrei continuare accompagnandovi nel taglio delle costolette, talmente morbide da cedere con delicatezza all’arma delle posate sciogliendosi in bocca alla grazia dei denti.

Potrei infine descrivere il vino che ho bevuto, rosso, scalpitante e fruttato, e che ho scambiato con le vicine di tavolo. Ci siamo riconosciute come affette dalla stessa malattia:  l’amore per il vino e la morbosa voglia di impararne tutto in proposito.

Potrei fare tutto questo, ma l’esperienza del gusto è talmente personale che vale la pena di viverla sulla propria pelle, sulle proprie papille, senza intermediari.

Io passerei la vita a fare questo: vivere attraverso i sapori del territorio, le storie nascoste dietro le ricette, i segreti sussurrati da un calice di vino. Questa è la medicina che mi fa stare bene, il mio buon vivere.

In una domenica umida e scura, ho trovato conforto presso l’Osteria di Medicina, in provincia di Bologna.

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