Premetto che di Borgogna so pochissimo. Avremmo dovuto andarci lo scorso maggio ma il viaggio è saltato per evidenti motivi. Però ci capisco un po’ di emozioni e di cose belle, e il vino che ho bevuto oggi mi ha emozionato con la sua bellezza.
Dei cari amici lo hanno portato, da bere insieme, in un contesto che centra poco con la Borgogna e con i vini di un certo livello, ma il vino è sostanzialmente convivialità liquida, quindi ci stava tutto.
Eravamo in un bell’agriturismo di quelli alla buona, dove il vino lo bevi nei bicchieri grossi, senza farlo roteare alla ricerca di profumi esotici, lo bevi in fretta prima che si scaldi troppo. Uno di quei posti in cui mangi quel che c’è, menù fisso per dirlo in modo elegante.
Noi siamo arrivati con la nostra bella bottiglia francese, avevano detto che si può, non è che si formalizzano molto qui. Con un po’ di imbarazzo abbiamo chiesto dei calici. Il pignoletto della casa puoi anche berlo in un tumbler da osteria, ma un vino che supera i 50€ e che ha fatto migliaia di km, merita un cristallo un poco più nobile. L’oste, un po’ burbero, si è dimostrato davvero gentile scovando in dispensa dei calici di tutto rispetto.
Abbiamo stappato ed è iniziata la magia. Intanto il colore: rubino abbastanza intenso per essere un pinot nero. Guardare attraverso quel rosso era come mettersi gli occhiali rosa per vedere il mondo più acceso, più sinuoso.
Poi i profumi: un treno di fragranze. Il primo vagone conteneva spezie, dal pepe bianco alla vaniglia. Poi ecco arrivare una carrozza di frutti scuri, mora, mirtillo, ciliegia sotto spirito. Ed ancora una vettura di profumi balsamici, di sottobosco, cioccolato, resina, a trainare l’olfatto verso la terra del gusto. Il convoglio di profumi lasciava una scia di petali scuri che volavano nel vento, mischiandosi ad un aroma affumicato, leggero come lo sbuffo di una locomotiva.
Finalmente l’assaggio: eleganza sottile, tannino che sussurra ma ha molto da dire, frutto infinito, morbidezza che non annoia. Un sorso non basta, è necessario ripetere il bacio col calice per dissetare la voglia di capire questo vino, che entra morbido e persiste in freschezza. Il tannino prende coraggio e si fa sentire un po’ di più, ma senza spigoli.
Una bottiglia in quattro finisce in fretta. Non credo di poterlo descrivere meglio, non so nemmeno se possa essere rappresentativo del suo territorio o meno, ma a me è piaciuto tantissimo. Se ne avessimo preso più bottiglie sarebbe stato. bello riassaggiarlo tra qualche anno. Un 2015 che per adesso si è già dimostrato pronto, ma chissà cosa avrà ancora da tirare fuori dalla propria stiva di aromi.
Abbiamo bevuto un Chambolle-Musigny. Les Sentiers 2015 – Domaine Stephane Magnien
